Vonnegut, la gentilezza e un telegramma di otto parole

John Figler è uno studente di liceo, ligio alle leggi. Mi dice – nella sua lettera – che ha letto quasi tutte le mie opere e che crede di aver colto l’idea che ne costituisce il nucleo, il fulcro. É disposto ad enunciarla, con parole sue proprie, in questo modo: «L’amore può fallire, ma la gentilezza infine prevarrà». A me questo sembra vero e completo. Mi trovo quindi nell’imbarazzante condizione — a cinque giorni dal mio cinquantesimo compleanno — di dover ammettere che non occorreva pigliarsi la briga di scrivere tanti mai libri. Un telegramma di sette-otto parole sarebbe bastato.

Kurt Vonnegut introduceva con queste parole uno dei suoi libri più  belli, Un pezzo da galera, del 1981. E queste stesse parole mi sono venute in mente leggendo il suo ultimo libro pubblicato in Italia. Si intitola Baci da 100 dollari (Isbn Edizioni, 224 pag., 17,50€) ed è una raccolta di racconti fin’ora inediti, scritti da Vonnegut all’inizio della sua carriera, quando ancora non aveva pubblicato i suoi romanzi più noti come Ghiaccio-nove e Mattatoio n. 5.

Eppure, già in questi primi racconti scritti negli anni Cinquanta è possibile cogliere quel nucleo di fondo che il giovane lettore di Vonnegut ha individuato con tanta esattezza e capacità di sintesi tre decenni dopo. Coerentemente, lo scrittore di Indianapolis applica questa filosofia anche nei confronti dei suoi personaggi. Nessuno degli individui che abitano le storie di Vonnegut è davvero degno di disprezzo. In tutti, anche nei più meschini o senza scrupoli, c’è sempre un lampo di umanità nuda e innocente che riesce a salvarli.

Quel che mi incanta di Vonnegut, e mi ha incantato anche nei racconti di Baci da 100 dollari, è la sua capacità di far convivere questi due piani. Vonnegut è un’autorevole voce morale (come scrive Dave Eggers nella prefazione al libro), ma contemporaneamente è in grado di maneggiare con delicatezza e compassione i sentimenti, le ambizioni, le debolezze e le manie degli uomini. La gentilezza che riserva anche ai personaggi più negativi non è indulgenza, perché non gli impedisce di giudicare le loro azioni e di far chiaramente capire da che parte stare.

In fondo, a tutti noi nelle nostre vicende personali è capitato di essere, almeno una volta, i cattivi della storia. E credo non ci sarebbe dispiaciuto se qualcuno ce lo avesse fatto notare. Quel che disturba, nel giudizio morale, è il disprezzo che a volte lo accompagna. Ecco, in Vonnegut c’è il giudizio, ma, semplicemente, nessuno è davvero spregevole.

Nei sedici racconti di Baci da 100 dollari c’è ovviamente molto altro. Ci sono gli uffici degli anni Cinquanta con dittafoni e macchine da scrivere, ci sono mariti ossessionati dai trenini elettrici, c’è il denaro in persona che parla a voce così alta da confondere due giovani innamorati e c’è anche un uomo dal cuore spezzato che costruisce robot. Ci sono persino delle bellissime illustrazioni realizzate dallo stesso Vonnegut.

E poi c’è l’oggetto libro di Isbn Edizioni, che già solo averlo nelle mani e sotto gli occhi è una gioia per il tatto e per la vista. Altro che un telegramma di otto parole…

twitter @gecaspa

Kurt Vonnegut, Baci da 100 dollari, Isbn Edizioni

Kurt Vonnegut: così va la vita

Libri, dicevamo. E scrittori. Pochi giorni fa un grande scrittore è morto. Così va la vita, avrebbe detto Billy Pilgrim, il suo alter-ego letterario. E’ un uomo che è riuscito a sopravvivere alla Seconda Guerra mondiale, e soprattutto al bombardamento di Dresda. Lui era un soldato americano. Fatto prigioniero, fu trasferito a Dresda, fino ad allora città considerata sicura perché priva di infrastrutture strategiche, ricca solo di cultura, arte, teatro. Il bombardamento che tra il 13 e il 15 febbraio 1945 la rase completamente al suolo e uccise circa 130 mila suoi abitanti vide Kurt Vonnegut testimone, suo malgrado.

Dopo molti anni Vonnegut raccontò questa sua esperienza in un bellissimo libro visionario, surreale, apocalittico. Un libro contro la Guerra, scritto con la G, ovvero contro l’idea stessa di guerra.

Rimando al prossimo post per un brano tratto da questo libro, che si intitola Mattatoio 5.